1.30.2012

Cuore: cose fondamentali da sapere in caso di emergenza

Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte nel mondo e una delle prime cause di ricovero ospedaliero. Tra gli aspetti che più condizionano la possibilità di sopravvivere c’è la tempestività di intervento:
quindi sapere come agire da subito, nelle condizioni di emergenza, è di vitale importanza.

Prima di tutto è bene imparare a riconoscere i sintomi: il primo segnale da non sottovalutare è il dolore. È doveroso ricordare che anche le donne devono sospettare un infarto se avvertono un dolore al petto: la principale causa di morte al femminile è proprio l’infarto del miocardio e quindi non bisogna sottovalutarlo.

Il dolore da infarto (detto angina), solitamente, è caratterizzato da una sorta di costrizione, di peso sul torace, che si può irradiare al collo, alla mandibola, alle spalle, al braccio sinistro. In alcuni casi, può essere confuso con un forte mal di stomaco.

In genere, il sintomo è talmente intenso da diventare insopportabile, ma nei soggetti con diabete, che hanno una soglia del dolore più alta, può essere più sfumato. Oltre al dolore, possono comparire (ma è importante sapere che non è necessariamente sempre così) altri sintomi aspecifici, come sudorazione fredda, formicolio al braccio sinistro, nausea, vomito, debolezza e vertigini.

Poi occorre chiamare i soccorsi: al minimo sospetto di infarto, è fondamentale chiamare subito il 118 e fornire all’operatore tutte le informazioni sui sintomi riscontrali. Non si deve aspettare che il disturbo passi, perché potrebbe essere una scelta fatale.
Niente automedicazione in questa fase, l’unico farmaco che può essere assunto, in questi casi, è l’aspirina, che, nelle prime fasi dell’infarto, può favorire la disgregazione del trombo responsabile dell’ostruzione del vaso coronarico all’origine dell’evento.

1.19.2012

Le virtù delle erbe aromatiche

Le aromatiche impreziosiscono molti piatti, regalando anche alle ricette più semplici e delicate una sferzata di sapore e di profumi. “Assi nella manica” in cucina, ma non solo: nascondono anche molte virtù e benefici insospettabili per la salute.
Le erbe aromatiche hanno pochissime calorie e sono ideali per condire gli alimenti delle diete: sostituiscono sale e grassi, senza togliere sapore alle pietanze e, per questo, aiutano a combattere ipertensione e malattie cardiovascolari.

Esse contengono, inoltre, una vasta gamma di sostanze amare, oli essenziali, mucillagini, vitamine, sali minerali e altre sostanze dal potere curativo.
Molte sono antiossidanti, come salvia e rosmarino. Altre, invece, sono antisettiche, come la maggiorana, agirebbero cioè positivamente sulla flora batterica intestinale, favorendo i batteri lattici e combattendo quelli aggressivi. La maggior parte delle erbe aromatiche, poi, eccitano le secrezioni gastriche e, soprattutto, stimolano la produzione di saliva che inizia a digerire il cibo già in bocca.

Ogni erba aromatica, comunque, ha anche specifiche qualità benefiche, che spesso ignoriamo. La salvia, per esempio, non solo si sposa bene con ravioli e arrosti, ma può anche vantare un’azione batteriostatica, antinfiammatoria, analgesica e antisettica.
La menta è un’erba dall’aroma intenso, che assicura un’azione lenitiva, rinfrescante, decongestionante e antisettica, utile per l’igiene orale, contro l’alitosi, ma anche contro infiammazioni e scottature.

Il basilico, profumato ingrediente della maggior parte dei piatti della dieta mediterranea, offre anche un aiuto efficace all’apparato gastrointestinale, grazie alle sue proprietà digestive e carminative.
Il timo è disinfettante, antibatterico e antinfettivo, perfetto per contrastare i sintomi influenzali e le malattie da raffreddamento.
Il rosmarino, infine, è stimolante, tonico, ristrutturante e detergente; utile in caso di capelli secchi, deboli e sfibrati, ma anche per contrastare i sintomi della sinusite.

1.13.2012

Protezione solare anche sulla neve

Chi l’ha detto che il sole rischia di aggredire la pelle solo nella stagione più calda?
Anche durante l’inverno, soprattutto quando si passano le giornate all’aria aperta, svettando sulle piste innevate, i raggi del sole sono una minaccia da sottovalutare.

Come durante l’estate, anzi, peggio: i raggi ultravioletti emessi dal sole diventano più aggressivi e pericolosi sulle distese innevate delle montagne. Infatti, sale l’altitudine e, di pari passo, sale la quantità di raggi solari che riesce a raggiungere il suolo e, di conseguenza, anche la pelle. La neve, inoltre, complice la sua consistenza e il suo colore candido, è una superficie altamente riflettente, che amplifica ulteriormente l’effetto dei raggi solari. Attenzione anche al meteo incerto, perché le nuvole mascherano il sole, ma non garantiscono un effetto barriera contro i suoi raggi.

Meglio, quindi, non farsi ingannare dal freddo, dal gelo e dalla neve e proteggere anche le minime porzioni di pelle esposte al sole in montagna. E’ il viso, solitamente, la zona, l’unica, esposta alle possibili aggressioni dei raggi Uvb sulle piste innevate. E’ fondamentale, prima di esporsi al sole, stendere un generoso strato di crema solare, con fattore protettivo adatto al proprio fototipo. Una volta sola non basta: ogni due ore circa, meglio ripetere l’operazione, spalmando un nuovo strato di crema.

Da non sottovalutare le labbra, che vanno schermate con prodotti specifici, gli stick con protezione solare. Altrettanto importante la protezione degli occhi, meglio evitare la prolungata esposizione ai raggi solari in montagna senza occhiali con lenti protettive.

1.11.2012

Alopecia: la soluzione nei fattori di crescita piastrinici.

Il termine “alopecia” fu introdotto nel v secolo a.c. da Ippocrate di Kos, medico greco, per configurare un diradamento più o meno diffuso dei capelli e/o dei peli: la parola infatti deriva dal greco (alopex=volpe), in quanto la volpe cambia il pelo in autunno e in primavera.
La perdita parziale o totale dei capelli è una condizione molto diffusa nella popolazione, e per poter ottenere risultati gratificanti in tricologia (la branca medica che studia le patologie del capillizio), è indispensabile un corretto inquadramento diagnostico da parte dello specialista.
Si differenziano numerose tipologie di alopecia, alcune transitorie altre croniche.
Tra le più frequenti si annovera la forma “androgenetica” che colpisce più dell’80% dei soggetti di sesso maschile, spesso già presente con le sue prime manifestazioni in età molto precoce (17-18 anni), ma anche nelle donne, con quadri esordienti già nell’età post-puberale e con peggioramenti sostanziosi in seguito a gravidanze, allattamenti e menopausa.
L’alopecia androgenetica è imputabile all’azione di un enzima (5 alfa reduttasi) implicato nella traformazione del testosterone in diidrotestosterone. Quest’ultimo genera, negli individui predisposti, una miniaturizzazione (assottigliamento) del capello, caduta, ed impedimento alla ricrescita. Ne deriva un impoverimento progressivo della chioma che genera, in chi ne è affetto, imponente disagio psicologico e ansietà.
L’alopecia areata, invece riconosce una genesi autoimmunitaria e spesso si associa ad altri disordini del sistema immunologico (vitiligine, tiroidite di hashimoto, celiachia ecc.); si manifesta con la comparsa repentina di una o più chiazze tondeggianti – ovalari prive di capelli.
Può esordire anche in età pediatrica o nell’adolescenza, e generalmente l’innesco della patologia è concomitante ad un evento fortemente stressante (lutto, trauma, dispiacere). Questa tipologia di alopecia può anche evolvere in una forma totale o universale (con perdita completa dei capelli e anche dei peli corporei).
Oggi si configurano anche situazioni di alopecia psicogena, legata a gravi sindromi depressive e nevrosi, nonchè diradamenti e cadute di capelli imponenti legate a carenze nutrizionali (anoressia, diete incongrue).
E, ancora, i capelli possono soffrire sensibilmente per effetto di patologie endocrine (ghiandole) come la sindrome dell’ovaio policistico o gli scompensi di funzione della tiroide.
E’ comunque di rigore capire la causa di caduta e diradamento dei capelli per impostare una terapia efficace.
La soluzione più rivoluzionaria in tricologia è comunque l’utilizzo dei fattori di crescita piastrinici, attraverso l’ottenimento da prelievo di sangue venoso, di un superconcentrato di piastrine, cellule ematiche dotate di ruoli terapeutici davvero singolari.
La PRP HT (Platelet Rich Plasma Hair Therapy) nasce qualche anno fa negli Stati Uniti, ed è ora anche in Italia ritenuta la terapia più innovativa e soddisfacente perchè in grado di stimolare le cellule staminali della papilla dermica del bulbo del capello.
Quindi, espressione di tricologia rigenerativa, la metodica, ambulatoriale e non chirurgica, assolutamente priva di rischi o effetti avversi, si può applicare a pazienti di entrambi i sessi, a qualsiasi età e sofferenti di tutte le forme di alopecia.
Dopo circa due mesi dalla terapia, i bulbi atrofici risultano rivitalizzati, i capelli miniaturizzati riottengono calibro normale, e dove sono presenti ancora papille dermiche vitali, i capelli caduti tornano a crescere ripopolando la chioma.
Una conquista della scienza che riporta serenità nel cuore, di chi, con troppi capelli persi nella spazzola o sul cuscino, non riusciva più a guardarsi allo specchio…pensando di non aver possibilità di cura.

Dott. Elena guarneri, Medico chirurgo